Iniziamo subito con una grande smentita: a dicembre in
Marocco NON FA CALDO. Ma proprio no.
Tutti ad illudermi con i vostri ‘beata te
che vai al caldo’ ‘tornerai abbronzata’ ‘goditi il sole’.
Ma quale caldo? Ma
quale sole?
Con l’eccezione di Marrakech, dove effettivamente si sta piuttosto
bene, l’inverno in Marocco è piuttosto freschino, tipo che non mi sono mai
pentita del mio outfit pile, giacca e sciarpa, qualche volta con aggiunta di
calzamaglia sotto i pantaloni…caldo e supersexy, oh yeah.
Per il nostro secondo giorno in Marocco, Fès ci da il benvenuto con una
bella pioggerellina fastidiosa, giusto per non farmi sentire troppo la mancanza
del meteo londinese.
Fès è la più antica città islamica del Marocco, costituita
da tre zone: Fès el Bali, la Medina, la parte più antica della città, dichiarata
Patrimonio dell’Umanità nel 1983; Fès el Jedid, un ampliamento di Fès el Bali,
dove si trovano il palazzo reale e il quartiere ebraico; la Ville Nouvelle, un
quartiere residenziale in stile europeo.
La nostra visita inizia con il palazzo reale e una tappa-foto
in un punto panoramico da cui possiamo vedere tutta la Medina, la più grande
del mondo arabo. Peccato per il tempo, non proprio dei migliori, ma la vista è
comunque bellissima.
Ogni città del Marocco ha i suoi prodotti tradizionali: Meknès
il legno intagliato e i mosaici, Marrakech gli oggetti in pelle, Fès la sua
famosa ceramica blu. Non si può quindi evitare una sosta alla fabbrica di
ceramiche, dove ci spiegano i segreti di questa lavorazione.
Finalmente è il momento di fare un giro nella Medina. Grazie
al cielo abbiamo una guida, da soli credo ci saremmo persi alla prima curva. La
Medina di Fès è una sorta di mega-labirinto senza auto (per fortuna!), un
insieme di viuzze piene di persone che si guadagnano da vivere vendendo oggetti
d’artigianato, abiti e cibo.
Le case sono all’apparenza tutte uguali, con
esterni poveri e anonimi, ma spesso all’interno nascondono cortili enormi e
bellissimi.
Visitiamo una scuola coranica, passiamo accanto a diverse
Moschee e ci fermiamo in un negozio di pellami.
Ci fanno salire sulla terrazza al
piano superiore e lo spettacolo è…forte, impressionante, sconvolgente.
Fa freddo e l’odore è nauseante. Loro sono immersi in acqua
fredda, sporca, fetida mentre io me ne sto lì a fare foto, con dieci strati di
vestiti addosso, una foglia di menta sotto il naso e il mio zainetto di pelle, che
probabilmente ha una storia non tanto lontana da quella delle pelli che stanno
lavorando.
Le concerie sono una tappa che non dovrebbe mancare in
nessun tour del Marocco. L’impatto è affascinante ed orribile allo stesso tempo,
ma ti fa entrare a piè pari nel mondo marocchino, per cui ne vale davvero la
pena.
Tappa successiva ad una farmacia/erboristeria locale, dove ci
propongono la qualunque: dall’olio di argan alle spezie, passando per profumi e
saponette di ogni tipo. La tizia è brava e convincente, la visita che doveva
durare dieci minuti va per le lunghe, ma alla fine i miei compagni di viaggio
escono soddisfatti con i regali per tutto il parentado.
Io no, che si sa sono
una brutta persona e non porto regali a nessuno.
Tempo ahimè di tornare in macchina, ci attendono quelle
cinque orette per raggiungere le gole di Ziz in serata. Cena tipica marocchina
seguita da canti e balli locali, a cui mi sono cortesemente sottratta. Il riad è
molto carino, ok ogni tanto salta la corrente e si rimane al buio sotto la
doccia, ma fa parte del gioco ed è comunque compensato dal panorama delle gole.
Il 30 ci si sveglia di buon’ora e c’è un po’ di
preoccupazione nell’aria: ci si prepara alla notte nel deserto. Voci di
corridoio raccontano di un freddo insostenibile…avremo abbastanza strati per
coprirci? O moriremo assiderati? Ci daranno qualche coperta in più? Che cosa si
intende esattamente per tende berbere? Avranno dei materassi? Per non
sbagliare, preparo uno zaino con tutti gli indumenti che mi sono portata
dietro, sperando di riuscire ad infilare tutti i pile uno sopra l’altro.
In mattinata la nostra guida ci accompagna per le strade del
Medio e Alto Atlante. Il paesaggio è bellissimo.
Ci fermiamo per una sosta all’oasi di Meski, attraversiamo
Er Rachidia e Rissani.
Nel pomeriggio arriviamo a Merzouga, si sale sulle jeep e si
parte verso il deserto. Non vediamo l’ora di arrivare a destinazione per
fotografare il tramonto tra le dune ma, nonostante il sole stia quasi per
tramontare, i nostri autisti decidono autonomamente di farci fare una serie di
soste, con lo scopo di raccogliere qualche mancia. Ci portano quindi a vedere
un gruppo che suona musica gnawa e poi ad una miniera d’argento, tappe che
avremmo senz’altro potuto evitare.
Con grande delusione, arriviamo al campo
berbero che il sole è già tramontato, ma il panorama è comunque molto suggestivo.
Di fianco alle nostre tende (che, per inciso, hanno i materassi!)
c’è una piccola duna su cui è possibile provare a fare sandboarding! Si
lanciano per primi i più coraggiosi e in pochi minuti li seguiamo tutti a ruota…parecchio
divertente!
Tra foto, chiacchere e discese dalle dune, arriva ora di
cena. Devo dire non proprio la cena migliore della vacanza, ma il pane mi salva
anche in questa occasione. Per il dopo cena hanno preparato un falò nello
spiazzo davanti alle tende: la serata prevede canti e balli intorno al fuoco. I
berberi sembrano instancabili quando si tratta di suonare e incitano tutti ad
unirsi alle danze.
Davanti al fuoco si sta benone, nonostante si inizi a
puzzare tutti parecchio, ma appena ci si allontana di due passi il freddo si fa
sentire. Decido che è ora di coprirsi. L’outfit per la serata comprende:
canottiera, maglietta a maniche corte, maglietta a maniche lunghe, tre (TRE)
pile, calzamaglia, due paia di leggins felpati, due paia di calze da sci,
piumino, sciarpa. Al momento di andare a dormire si aggiungono sacco a pelo e
due coperte spesse almeno 5cm l’una. Ok, non riuscivo a muovere nemmeno un dito
e quando ho provato a girarmi per la prima volta ho avuto delle serissssssime
difficoltà. Una mummia probabilmente sarebbe stata più agile. Però ehi: sono
stata calda tutta notte e sono anche riuscita a dormire. Per cui mi sento di dirvi
che sì, dormire nel deserto è possibile anche senza morire assiderati, a patto
che vi trasformiate nell’omino Michelin per una notte.
La mattina ci svegliamo prima dell’alba e ci attende una
passeggiata di un’ora e mezza sul dorso di un dromedario, scomodità assicurata
e un freddo assurdo! E però…
Un 2014 che non è stato perfetto ma che finisce senz’altro
alla grandissima, con un’alba così.
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